Gli aumenti delle pensioni da Ottobre
Recepita La nostra richiesta di anticipo della perequazione, ma in termini insufficienti e inadeguati rispetto alle attese.
Nella G.U. n. 185 del 9.08.2022, è stato pubblicato il Decreto Legge 9.08.2022, n. 115 che reca “misure urgenti in materia di energia, emergenza idrica, politiche sociali ed industriali”. Trattasi del c.d. “decreto aiuti-bis” con un impegno di spesa di circa 17 mld di euro, che il Governo ha inteso varare per contrastare gli effetti della crisi economica in atto per famiglie e imprese, e che segue il precedente “decreto aiuti” (DL 17.05.2022, n. 50, poi convertito nella Legge 15.07.2022, n. 91).
Diverse le misure varate, tra le quali si segnalano: il taglio del cuneo fiscale dell’1,2% per i dipendenti con reddito fino a 35mila euro nelle retribuzioni del secondo semestre 2022, inclusa la tredicesima (art. 20); il rafforzamento del bonus sociale energia elettrica e gas (art. 1); l’estensione ad ulteriori categorie di lavoratori (in primis, percettori del Reddito di Cittadinanza e NASPI) del “bonus 200 €” previsto dal primo “decreto aiuti”, già percepito in luglio u.s. dai pensionati e da molti lavoratori dipendenti (art. 22); il rifinanziamento del Fondo per “bonus trasporti” (art. 27); inoltre, le proroghe degli sconti su benzina e bollette e anche una serie di misure a favore delle imprese, in particolare di quelle che stanno subendo contraccolpi negativi a causa della siccità.
Tra i provvedimenti adottati dal Governo, ce n’è sono un paio di particolare interesse dei pensionati, e trovano posto all’art. 21 del DL 115, essendo entrambi finalizzati a contrastare gli effetti negativi dell’inflazione esplosa nel corso di quest’anno (l’ultimo dato ISTAT di luglio 2022 ha rilevato una crescita del 7,9% su base annua) e della conseguente perdita di potere d’acquisto dei trattamenti pensionistici. Detto art. 21 dispone infatti le seguenti misure in materia di pensioni:
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l’incremento dello 0,2% dell’assegno pensionistico in godimento a tutti i pensionati come conguaglio della perequazione 2021, ovvero della differenza fra l’1,7% di inflazione stimata e l’1,9% di inflazione effettiva nel 2021, conguaglio che i pensionati avrebbero dovuto percepire a gennaio 2023 e che il decreto “aiuti bis” ha anticipato a novembre p.v.;
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la rivalutazione degli assegni pensionistici in via transitoria, che invece riguarderà una platea limitata a coloro che hanno trattamenti previdenziali di importo fino a 2.692 euro (redditi fino a 35mila euro annui) e sarà pari al 2% (tredicesima compresa) della rivalutazione che sarà riconosciuta nel 2023. Dunque, l’aumento a partire da ottobre 2022 sarà, per la gran parte dei pensionati, complessivamente pari al 2,2% e riguarderà le mensilità relative ai mesi di ottobre, novembre e dicembre 2022 tredicesima compresa, nelle more del calcolo dell’intera indicizzazione 2022 che verrà operata con la perequazione 2023. Detti incrementi non aumenteranno l’imponibile fiscale 2022, in quanto misure c.d. “fiscalmente neutre”.
In termini monetari, si calcola che l’aumento relativo al conguaglio 2021 varierà da 10 € (per le pensioni minime) a 130 € lordi (per le pensioni oltre 7.000 €), e dunque sarà calcolato in base all’importo della pensione (ricordiamo che ad essere interessati sono tutti gli assegni pensionistici).
Per quanto riguarda invece l’anticipo del 2% della perequazione 2023, tenuto conto che il calcolo viene effettuato sulla base delle percentuali di perequazione previste per la rivalutazione delle pensioni, che è “piena” solo fino a quattro volte il trattamento minimo e poi si riduce progressivamente (90% della quota eccedente quattro volte il minimo, 75% della quota eccedente 5 volte il minimo), l’incremento da ottobre 2022 potrebbe allora attestarsi su questi importi lordi:
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pensione minima (524,34 € al mese): perequazione piena, rivalutazione al 2%: 10,5 € in più;
- pensione di 1.000 € al mese: perequazione piena, con rivalutazione al 2%: 20 euro in più;
- pensione di 1.500 euro al mese: perequazione piena, con rivalutazione al 2%: 30 € in più;
- pensione di 2mila euro al mese: perequazione piena con rivalutazione al 2%: 40 euro in più;
- pensione di 2.500 euro al mese: perequazione al 90% e rivalutazione del 2%, 50 euro in più;
- Pensione di 2.692 euro al mese: perequazione al 75% e rivalutazione del 2%, 52 euro in più.
Come già detto, i due aumenti si sommano, e avranno le seguenti decorrenze: a ottobre, le pensioni fino a 35.000 euro annui godranno dell’anticipo della perequazione (aumento del 2%), mentre da novembre p.v. sarà inserito in cedolino anche il conguaglio della perequazione 2021 in misura dello dell’0,2%; a dicembre, infine, l’anticipo della perequazione 2023 sarà applicato anche alle tredicesime.
Questi, in estrema sintesi, i contenuti delle scelte operate dal Governo nel decreto “aiuti-bis” in materia di pensioni. Come CSE FLP Pensionati, avevamo segnalato in più circostanze la necessità che il Governo varasse urgentemente misure tese al potenziamento del potere di acquisto delle pensioni, e avevamo proprio noi avanzato la richiesta di anticipare nel secondo semestre dell’anno in corso la perequazione 2023 (si veda a tal proposito il ns. precedente Notiziario n. 12 del 28 u.s.). Ebbene, il Governo ha sì accolto la nostra richiesta, ma l’ha ridotta davvero ai minimi termini: rispetto ad un dato tendenziale dell’inflazione 2022 intorno all’8% rilevato dall’ISTAT a luglio, un anticipo di perequazione pari solo al 2% appare francamente una presa in giro, in quanto consente un recupero molto modesto del potere d’acquisto delle pensioni. Ci saremmo aspettati quanto meno un raddoppio, e dunque minimo il 4%, rispetto alla scelta del decreto “aiuti-bis”.
A questo punto sarebbe stato molto più conveniente la riproposizione di un nuovo “bonus 200 €”, che rappresentava la seconda opzione che era sul campo delle scelte possibili. E un nuovo “bonus 200€” sarebbe stato certamente più conveniente anche per i lavoratori dipendenti, attesa la modestissima entità disposta dal decreto “aiuti bis” del taglio del cuneo fiscale in misura pari solo all’1,2%, che comporta un aumento in busta paga calcolabile in circa 6 € al mese in più per il reddito minimo (8mila euro), che salgono a 25 euro in più al mese per chi ha 35mila euro di stipendio lordo annuo. Con un reddito da 20mila euro, il beneficio è intorno ai 16 euro mensili in più, 96 euro nel semestre – quasi la metà dunque rispetto ad una nuova indennità una tantum di 200 € – che peraltro raggiunge una platea molto più ridotta (4 milioni in meno) rispetto ai destinatari del “bonus 200 €”.
Dunque, possiamo allora affermare conclusivamente che la montagna ha davvero partorito un topolino, e che certamente le misure adottate non consentono un significativo recupero del potere d’acquisto di pensioni e retribuzioni, letteralmente falcidiate dall’aumento dei prezzi, in particolare di quelli relativi ai costi di energia e alimentari, che lasciano immaginare un autunno davvero difficile.
Il Coordinamento Nazionale CSE FLP Pensionati
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