Rinnovato l’accordo quadro per l’anticipo TFS, ma a costi maggiorati.

Una vergogna che continua!

Una vergogna assoluta!”. Questo è Il giudizio, netto e inappellabile, espresso a caldo dal Segretario Generale FLP, Marco Carlomagno, e riguarda l’annosa questione relativa agli inaccettabili tempi ritardati di erogazione ai dipendenti pubblici del Trattamento di Fine Servizio (TFS), c.d. “liquidazione”, ed è stato riportato sul Messaggero del 17 agosto u.s. nell’articolo a firma di Andrea Bassi sul rinnovo della convenzione tra Governo e ABI (Associazione Bancaria Italiana) in ordine all’anticipo a domanda della liquidazione.

In data 1 agosto u.s., infatti, il Ministro per la P.A. per conto del Governo e il Presidente di ABI hanno rinnovato l’accordo-quadro, già recepito con DM 19.08.2020 ma scaduto il 30 giugno u.s., che consente ai dipendenti pubblici di poter continuare ad ottenere l’anticipo di TFS, ma a costi bancari reali oggi molto superiori rispetto allo 0.40% base previsto dall’accordo, e questo a causa dell’aumento attuale dei tassi di interesse e del c.d.“rendistato”. Si stima un costo medio di anticipo del trattamento pari al 2%, che ovviamente andrà a ridurre pesantemente gli importi di liquidazione.  D’altronde, non appare comunque conveniente lasciare all’INPS la liquidazione per così tanti anni, in quanto il rischio è di una sua pesante svalutazione a causa della forte crescita dell’inflazione. Dunque, il lavoratore pubblico che arriva alla pensione si troverà di fronte a questo incredibile bivio: o attendere anni per ottenere la propria liquidazione e per questo riceverla pesantemente svalutata, o ricorrere all’anticipo pagando tassi d’interesse elevati.

La crescita dei costi per l’anticipo TFS rappresenta dunque un ulteriore sviluppo in negativo di una vicenda alquanto paradossale e assurda che dura oramai da molto, troppo tempo, e cioè da quando, prima la legge n. 140/1997 e poi anche la legge n. 122/2010, hanno disposto il pagamento differito e rateale dei trattamenti di fine servizio spettanti ai dipendenti pubblici.

Da allora, a differenza del TFR (Trattamento di Fine Rapporto) che i lavoratori privati percepiscono in tutto il suo maturato economico al momento del collocamento in pensione, il TFS viene invece erogato in tempi molto più lunghi che differiscono tra loro in ragione della causa di cessazione del rapporto di lavoro: entro 105 giorni, in caso di cessazione dal servizio per inabilità o per decesso; dopo 12 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro, in caso di raggiungimento del limite di età oppure per risoluzione unilaterale del datore di lavoro a seguito del raggiungimento dei requisiti della pensione anticipata;  dopo 24 mesi dalla cessazione in tutti gli altri casi (dimissioni volontarie con o senza diritto a pensione, licenziamento/destituzione, ecc.); infine, per chi accede alla pensione con “quota 100” o “quota 102”, il ritardo è ancora maggiore, in quanto in trattamenti di liquidazione vengono erogati solo al raggiungimento del requisito di vecchiaia (67 anni) o di quello per la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi per gli uomini, un anno in meno per le donne). 

In aggiunta, c’è da ricordare anche che i tempi di liquidazione del TFS sono frazionati in relazione alla somma da erogare: un’unica soluzione, se l’importo è pari o inferiore a 50.000 euro; due rate annuali, se l’importo è compreso tra i 50.000 e inferiore ai 100.000 euro, la prima pari a 50.000 euro e la seconda pari all’importo residuo; tre rate annuali, se l’importo è pari o superiore a 100.000 euro. In caso di pagamento rateale, la seconda e la terza tranche saranno pagate rispettivamente dopo 12 e 24 mesi dalla data di decorrenza del diritto al pagamento della prima rata. Lo ha precisato l’INPS con il comunicato stampa del 26 agosto u.s., qui allegato, che ricorda altresì che, ai termini di pagamento di cui sopra, vadano aggiunti ulteriori 90 giorni per gli adempimenti istruttori.

A fronte di questo quadro,  vi è  la possibilità per i lavoratori pubblici interessati, intervenuta solo dal 2020, di poter accedere, in base all’accordo con ABI, all’anticipo TFS/TFR, nei limiti dell’importo netto di 45.000 euro.  A tal proposito, è utile ricordare come alcune Banche consentono l’anticipazione di tutto il TFS maturato certificato da INPS (“cessione ordinaria” ex DPR 180/1950). Il finanziamento dell’anticipazione è garantito dallo Stato tramite un apposito fondo di garanzia gestito da INPS.

Dunque, una palese, ingiusta e incomprensibile disparità di trattamento dei lavoratori pubblici nei confronti di quelli del settore privato, che fa il paio con altre disparità quali ad esempio, la possibilità per i privati di richiedere fino al 70% del TFR maturato per spese sanitarie, acquisto prima casa e spese in congedo, possibilità invece al momento negata ai lavoratori pubblici. 

Davvero “una vergogna assoluta”, come detto dal Segretario Generale FLP, atteso che il TFS sono “soldi dei lavoratori”, rappresentano una parte di retribuzione che il lavoratore non riceve nel proprio cedolino mensile ma che viene accumulata nel tempo per essere erogato al termine della vita lavorativa. 

Una palese, ingiusta e incomprensibile disparità che recentemente ha dato luogo anche a una interessantissima ordinanza del TAR Lazio, la n. 6223 pubblicata in data 17 maggio u.s., che apre uno scenario significativamente nuovo e alimenta prospettive che appaiono incoraggianti (ne abbiamo già riferito nel nostro precedente Notiziario n. 9 del 31 mag. u.s.).

Con detta ordinanza, il TAR Lazio, su un ricorso proposto da un Dirigente della Polizia di Stato in pensione che ha chiesto di vedersi riconosciuto il diritto a percepire il TFS senza dilazioni e rateizzazioni, ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità della dilazione nel pagamento del TFS ritenendo che “la previsione di un pagamento rateale comprima in maniera irragionevole e sproporzionata i diritti dei lavoratori pubblici, in violazione dell’art. 36 Cost., non essendo sorretta dal carattere contingente, ma al contrario avendo carattere strutturale”, apparendo peraltro di tutta evidenza “che una retribuzione corrisposta con ampio ritardo ha per il lavoratore una utilità inferiore a quella corrisposta tempestivamente”.

I lavoratori attendono ora il pronunciamento della Corte Costituzionale, la cui chiamata in causa evidenzia il colpevole ritardo del legislatore che sarebbe dovuto intervenire da tempo per risolvere il problema. Le possibilità c’erano tutte e la nostra Federazione aveva anche prospettato la possibilità di cancellare la disparità di trattamento tra lavoratori pubblici e privati usando i risparmi ottenuti con quota 100, e ponendo comunque anche il problema relativo alla necessità di semplificare le procedure con riferimento ai rapporti tra Amministrazioni che istruiscono le pratiche pensionistiche e l’INPS che provvede al calcolo della pensione, che deve avere subito carattere di certezza e non di provvisorietà, come oggi avviene.

Il Coordinamento Nazionale CSE FLP Pensionati

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