Parte dal 1° Febbraio 2023 l’anticipo INPS di TFS/TFR
al tasso 1% e spese ridotte rispetto agli istituti bancari
Ci siamo! Dal 1 febbraio p.v., e dunque solo tra qualche giorno, per coloro che stanno per andare in pensione o lo sono già, ma non hanno ancora percepito la c.d. “liquidazione”, sarà possibile, se iscritti al Fondo Credito, richiedere all’INPS l’anticipo del Trattamento di Fine Servizio (TFS) o di Fine Rapporto (TFR) con un significativo risparmio di costi in termini di minori spese complessive, rispetto all’analoga opportunità offerta da Istituti bancari che aderiscono all’accordo Governo-ABI e di cui al DM 1 agosto 2022 (ne abbiamo a suo tempo riferito con il Notiziario n. 14 del 29.08.2022).
Riepiloghiamo in breve i termini della questione a beneficio di quanti eventualmente interessati.
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Come noto, prima la L.28.05.1997, n. 140 e successivamente la L. 30.07.2010, n. 122, hanno disposto il pagamento differito e rateale dei trattamenti di fine servizio/fine rapporto ai dipendenti pubblici.
Da quel momento, a differenza del TFR che i lavoratori privati percepiscono in tutto il suo maturato economico al momento del collocamento in pensione, il TFS e il TFR spettanti ai lavoratori pubblici vengono invece erogati in tempi molto più lunghi che differiscono tra loro in ragione della causa di cessazione del rapporto di lavoro: entro 105 giorni, in caso di cessazione dal servizio per inabilità o per decesso; dopo 12 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro, in caso di raggiungimento del limite di età oppure per risoluzione unilaterale del datore di lavoro a seguito del raggiungimento dei requisiti della pensione anticipata; dopo 24 mesi dalla cessazione in tutti gli altri casi (dimissioni volontarie con o senza diritto a pensione, licenziamento/destituzione, ecc.); infine, per chi accede alla pensione con “quota 100” o “quota 102” o, quest’anno, con “quota 103”, il ritardo è ancora maggiore, in quanto i trattamenti di liquidazione vengono erogati solo al raggiungimento del requisito di vecchiaia (67 anni) o di quello per la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi per gli uomini, un anno in meno per le donne).
In aggiunta, c’è da ricordare anche che i tempi di liquidazione del TFS/TFR sono frazionati in relazione alla somma da erogare: un’unica soluzione, se l’importo è pari o inferiore a 50.000 euro; due rate annuali, se l’importo è compreso tra i 50.000 e inferiore ai 100.000 euro, la prima pari a 50.000 euro e la seconda pari all’importo residuo; tre rate annuali, se l’importo è pari o superiore a 100.000 euro. In caso di pagamento rateale, la seconda e la terza tranche saranno pagate rispettivamente dopo 12 e 24 mesi dalla data di decorrenza del diritto al pagamento della prima rata, tempi cospicui ai quali si sommano ulteriori 90 giorni per gli adempimenti istruttori, come precisato da INPS con il comunicato stampa del 26.08.22.
Dunque, una palese, ingiusta e incomprensibile disparità di trattamento dei lavoratori pubblici nei confronti di quelli del settore privato, che invece percepiscono tutto il TFR al momento del collocamento in pensione, che fa peraltro il paio con altre disparità in ordine allo stesso istituto, quali ad esempio, la possibilità per i privati di richiedere fino al 70% del TFR maturato per spese sanitarie, acquisto prima casa e spese in congedo, possibilità al momento negata del tutto ai lavoratori pubblici.
Da qualche anno, più precisamente dal 2020, è intervenuta la possibilità per il neo pensionato pubblico di richiedere in banca un anticipo del proprio TFS/TFR, in base a uno specifico accordo tra Governo e ABI (Associazione Bancaria Italiana) e che recentemente, con DM 1.08.2022 pubblicato nella GU n. 223 del 23.09.2022, è stato prorogato per ulteriori 24 mesi. Detto accordo consente ai lavoratori pubblici di poter accedere all’anticipo TFS/TFR nei limiti dell’importo netto di 45.000 euro, ma alcune Banche consentono anche l’anticipazione di tutto il TFS maturato certificato da INPS (“cessione ordinaria” ex DPR 180/1950). In ambedue i casi, però, con costi bancari molto pesanti, e che arrivano oggi anche al 4%, a causa dell’aumento dei tassi di interesse e del c.d.“rendistato” che ultimamente è schizzato alle stelle.
In questo quadro di situazione di certo non confortante, in cui il neo pensionato si trova a dover scegliere tra attendere anni per la propria liquidazione e percepirla poi anche svalutata a causa della crescita dell’ inflazione, o ricorrere all’anticipo bancario pagando tassi d’interesse così elevati, si colloca la decisione del Consiglio di Amministrazione di INPS, assunta con delibera n. 219 del 9.11.2022, di assicurare ai dipendenti pubblici cessati dal servizio e iscritti alla “Gestione Unitaria delle prestazioni creditizie e sociali” (c.d. “Fondo Credito”, trattenuta 0.15), oltre alle ben note prestazioni creditizie e sociali (piccoli prestiti; borse di studio; etc.), una nuova prestazione che consiste nell’anticipazione di TFS/TFR applicando il tasso di interesse dell’1% dell’importo erogato, a carattere fisso per tutta la durata del finanziamento, e con l’aggiunta di un ulteriore 0,50% una tantum per spese di amministrazione.
Con la stessa delibera, il C.d.A. dell’INPS ha anche adottato il “Regolamento” (allegato) in vigore dal 1 febbraio p.v., che reca le regole per accedere all’anticipo. Da questa data, e solo on line dal sito INPS, gli interessati potranno presentare la domanda per ottenere l’anticipo, e a loro segnaliamo la necessità di farlo molto rapidamente, atteso che questa operazione gode allo stato di un finanziamento di soli 300 mln € che consentirà l’accoglimento di poche migliaia di domande a fronte di centinaia di migliaia di pensionati.
C’è però un limite in questa operazione: come già detto, per accedere all’anticipo INPS occorre che il pensionato sia iscritto al “Fondo Credito”, operazione possibile questa solo al momento del collocamento in pensione spuntando nella domanda di pensionamento la casella “chiedo di aderire al fondo credito” oppure aderendovi non oltre il 31 agosto dell’anno di pensionamento. Ove il pensionato non avesse a suo tempo operato questa scelta, si troverebbe oggi nell’impossibilità di accedere all’anticipo INPS. Servirebbe allora che venissero riaperti i termini per l’iscrizione volontaria al Fondo Credito, come peraltro già avvenuto dal 20 agosto 2021 al 20 febbraio 2022, e non a caso CSE-FLP hanno sollevato il problema nel documento inviato alla Ministra del Lavoro con le nostre proposte per la riforma pensionistica.
Naturalmente, questa nuova possibilità, indiscutibilmente più favorevole per il neo-pensionato pubblico, non risolve né alleggerisce il carico insopportabile di un problema, quello legato alla differenza di norme tra pubblico e privato in materia di TFS/TFR che penalizza enormemente il pubblico, e che ha portato il Segr. Gen. FLP, Marco Carlomagno, a parlare di una “vergogna assoluta”.
Una palese, ingiusta e incomprensibile disparità che recentemente ha dato luogo a una interessantissima ordinanza del TAR Lazio (n. 6223 del 17.05.2022, che ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità del differimento dell’erogazione del TFS aprendo uno scenario nuovo che alimenta prospettive che appaiono incoraggianti (ne abbiamo già riferito nel nostro precedente Notiziario n. 9 del 31 mag. u.s.).
Attendiamo dunque il pronunciamento della Corte Costituzionale, il cui coinvolgimento evidenzia comunque il colpevole ritardo del legislatore che sarebbe dovuto intervenire da tempo per risolvere il problema e invece non lo ha mai fatto, come denunciato più volte e da anni da CSE ed FLP.
Coordinamento Nazionale CSE FLP Pensionati
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