È legge la manovra di Bilancio per l’anno 2024
Tutte le disposizioni in materia di pensioni. Uscite anticipate molto più difficili
Alleggeriti in Parlamento i tagli sulle future pensioni dei lavoratori della Sanità
Sul S.O. n. 40/L della G.U. n. 303 del 30 dicembre 2023, è stata pubblicata la Legge 30.12.2023, n. 213 che reca il bilancio di previsione dello Stato per l’anno 2024 e quello per il triennio dal 2024 al 2026.
Tra i provvedimenti e le misure in essa contenute, ci sono ovviamente anche quelli che riguardano le pensioni, che trovano spazio nei commi dal n. 125 al n. 141 e dal n. 157 al n.167 dell’art.1 della legge.
Rispetto al disegno di legge adottato a suo tempo dal Consiglio dei Ministri e poi trasmesso al Senato, e dei cui contenuti abbiamo riferito nel nostro precedente Notiziario n. 21 del 2.11.2023, le disposizioni in materia di pensioni 2024 sono rimaste sostanzialmente le stesse, pur a fronte delle corpose critiche provenienti da CSE-FLP e anche da altre OO.SS., che giustamente hanno denunciato come, contrariamente ai programmi di governo, il DDL recasse l’inasprimento delle norme sui pensionamenti anticipati, da “opzione donna” e “quota 103” anche ad “APE Sociale”. Le uniche norme in materia di pensioni che il Governo ha proposto di modificare con il maxiemendamento rispetto al DDL, poi votate dalle Camere, riguardano l’alleggerimento delle penalizzazioni per l’aggiornamento delle aliquote di rendimento previste in origine sulle future pensioni dei lavoratori del settore Sanità. Una scelta anche apprezzabile in parte, ma che ovviamente non sposta di molto la nostra valutazione complessiva sulla manovra in materia di pensioni, atteso che nel 2024 sarà più difficile andare in pensione in anticipo rispetto alle due classiche opzioni introdotte dalla c.d. “riforma Fornero” (pensione di vecchiaia a 67 anni e pensione anticipata con 42 anni di contributi – 41 per le donne -e 62 anni d’età).
Ciò premesso, diamo uno sguardo più da vicino alla legge di bilancio 2024, partendo innanzitutto dai numeri della manovra che cuba complessivamente 28 mld di euro circa, mettendo insieme legge di bilancio e avvio della riforma fiscale, i due terzi abbondanti dei quali sono finanziati in deficit e il restante terzo derivante invece da tagli di spesa o da aumenti di imposte/tasse, in primo luogo una nuova spending review delle Amministrazioni Centrali. Tra le norme varate, spiccano in primis la conferma del taglio del cuneo contributivo per i lavoratori dipendenti già in essere dal 1° luglio 2023 e la riduzione a tre delle aliquote IRPEF varata con il D. Lgs. 30.12.2023, n. 216 (entrambe le misure finanziate però solo fino a tutto il 2024), e un accantonamento di 7,5 miliardi di euro per i rinnovi contrattuali di tutto il personale pubblico, comprensivi dei 2,5 mld destinati alla Sanità e dei 2 previsti dal DL “anticipi” (DL 18.10.2023, n. 145).
Di seguito, una sintesi delle disposizioni in materia di pensioni contenute nella legge di bilancio 2024.
“QUOTA 103”
Confermata “quota 103”, che consentirà di continuare ad andare in pensione con 41 anni di contributi e 62 anni di età anagrafica (62 + 41 = 103), ma con nuovi e peggiorativi vincoli: ricalcolo interamente contributivo, come per opzione donna, che ridurrà l’assegno pensionistico a regime; importo massimo erogabile fino al raggiungimento del requisito di vecchiaia (67 anni) in misura pari a 4 volte il trattamento minimo INPS invece di cinque volte come avviene oggi, e dunque fino al raggiungimento dei 67 anni si riceverà una pensione inferiore; infine, la c.d. “finestra mobile”, che segna il tempo tra il momento di maturazione del diritto a pensione e quello della sua decorrenza che nel 2023 era pari a 3 mesi per i lavoratori privati e 6 mesi per i pubblici, viene alzata a 7 mesi per i primi e a 9 mesi per i secondi.
Deve essere utilmente precisato, a tal proposito, che le novità peggiorative in materia di quota 103 riguardano però solo coloro che maturano i requisiti dal 1 gennaio 2024, in quanto per coloro i cui requisiti maturano sino al 31.12.2023 si continueranno ad applicare le regole di quota 103 varate nel 2023. Confermato inoltre anche per il 2024 l’incentivo al posticipo del pensionamento, e dunque la possibilità di scelta per il lavoratore di restare al lavoro optando per la destinazione in busta paga della quota di contribuzione a suo carico (di regola il 9,19%), che ridurrà però poi l’assegno pensionistico.
“OPZIONE DONNA”
Anche “opzione donna” viene confermata per il 2024, ma anche qui con condizioni più penalizzanti rispetto a quelle introdotte nel 2023 (esuberi con aziende con tavoli di crisi; caregiver familiari; inabili al 74%): serve sempre un minimo di 35 anni di contributi, ma con un aggravio del requisito d’età (61 anni al posto dei 60 anni previsti nel 2023), con però un anno in meno per le dipendenti o licenziate di aziende in crisi con tavoli aperti a cui è richiesta un’età di 60 anni, e prevedendo sempre lo sconto di un anno per chi ha un figlio (esce a 60 anni) e fino a due anni per chi ha due i più figli (esce a 59 anni).
Queste le nuove regole di “opzione donna”, di certo più penalizzanti rispetto agli anni precedenti per chi matura i requisiti nel 2024; anche qui però, per chi li avesse già maturati negli anni precedenti, varranno ancora le vecchie regole: entro il 31.12.2021, 35 anni di contributi e 58 (dipendenti) o 59 (autonome) anni di età; entro il 31.12.2022, 35 anni di contributi e 60 anni di età, con uno sconto di un anno per ogni figlio fino a un massimo di due anni, a condizione però di rientrare in una delle categorie dell’APE sociale: caregiver, disabilità almeno al 74%, disoccupate o occupate in aziende con tavoli di crisi aperti.
“APE SOCIALE”
Le regole di “Ape Sociale” degli ultimi due anni erano state fissate dalla Legge n. 234/2021, che ne aveva peraltro anche allargato la platea: 63 anni di età e 30 anni di contributi per disoccupati, caregiver, lavoratori con handicap di almeno il 74%; sempre 63 anni ma con 36 anni di contributi, invece, per addetti a mansioni gravose o pesanti, che debbono essere state effettuate per 6 anni negli ultimi 7, o per 7 anni negli ultimi 10.
Ebbene, nel 2024 il requisito anagrafico sale a 63 anni e cinque mesi per tutte le fattispecie lavorative, dunque senza più le condizioni di miglior favore previste nel 2023 (32 anni per edili e ceramisti e riduzione di 12 mesi per le lavoratrici madri, fino a max 24 mesi). Inoltre, la platea dei beneficiari pare escludere quelle ricomprese nell’allargamento operato dalla legge 234, tra i quali: professori di scuola primaria, pre-primaria e professioni assimilate; tecnici della salute; professioni qualificate nei servizi sociosanitari; personale non qualificato nei servizi di pulizia di uffici, alberghi, etc.; portantini e professioni assimilate; e altre professionalità). Infine, la legge di bilancio dispone la non cumulabilità con redditi di lavoro dipendente o autonomo (ad eccezione del lavoro occasionale) entro max i 5mila € annui.
PENSIONE ANTICIPATA CONTRIBUTIVA A 64 ANNI
Come noto, questa fattispecie è riservata ai lavoratori entrati nel mondo del lavoro solo successivamente all’entrata della prima riforma Dini (31.12.1995), richiede almeno 20 anni di contributi effettivi (al netto di eventuali accrediti figurativi) e prevede un calcolo totalmente contributivo dell’assegno pensionistico che, attualmente, deve essere pari a 2,8 l’importo dell’assegno sociale.
Ebbene, anche per detta fattispecie la legge di bilancio 2024 prevede un inasprimento, in quanto l’assegno minimo maturato per accedervi sale sino a 3 volte l’assegno sociale, ridotto a 2,8 volte per le donne con un figlio e a 2,6 volte con due o più figli.
Inoltre, viene previsto un tetto all’assegno pensionistico che non potrà superare cinque volte il trattamento minimo sino al raggiungimento dell’età anagrafica di vecchiaia (67 anni). In ultimo, viene pure introdotta una finestra mobile di tre mesi dalla maturazione dei requisiti.
TAGLI PER FUTURI PENSIONATI DEL SETTORE PUBBLICO
Come noto, il DDL Bilancio prevedeva una modifica di calcolo sulla quota contributiva della pensione per tutti i lavoratori iscritti alle Casse amministrate già dal Tesoro (Cassa per le pensioni ai dipendenti degli enti locali – CPDEL; Cassa per le pensioni dei medici e infermieri – CPS; Cassa per le pensioni degli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate – CPI, e infine Cassa per le pensioni degli ufficiali giudiziari, degli aiutanti ufficiali giudiziari e dei coadiutori – CPUG), all’incirca 700mila lavoratori in tutto.
Per i lavoratori iscritti a queste casse in possesso di meno di 15 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995 e che andranno in pensione dal 1° gennaio 2024, il DDL Bilancio 2024 prevedeva la sostituzione delle tabelle con le aliquote di rendimento previdenziale in essere con nuove tabelle recanti coefficienti meno remunerativi, con pesanti penalizzazioni che ne riducono ovviamente l’importo.
Dunque, un cambio delle regole in corsa che toccava benefici acquisiti, e per questo si prevedeva un consistente esodo entro fino anno di lavoratori interessati, in primis in Sanità. Da qui, la forte denuncia e il grido di allarme lanciato dalla nostra e da altre OO.SS., che ha costretto alla fine il Governo a proporre alcune significative modifiche nel maxiemendamento. E sono queste le modifiche introdotte dalla legge:
· per tutte e quattro le categorie di lavoratori (ex CPDEL; ex CPS; ex CPI ed ex CPUG), l’esclusione dalle penalizzazioni dei pensionamenti di vecchiaia (67 anni) e di quelli relativi al collocamento a riposo d’ufficio per limiti di età (65 anni); inoltre, nessuna penalizzazione per chi matura la pensione anticipata entro il 31.12.2023; chi invece la maturerà successivamente, l’assegno pensionistico verrà ridotto applicando le nuove aliquote di rendimento previste dalle tabelle in allegato II della legge di bilancio;
· meccanismo invece più favorevole per i soli lavoratori della Sanità (ex CPS), per i quali verrà operata la riduzione delle penalizzazioni nella misura di 1/36 per ogni mese di posticipo del pensionamento anticipato, penalizzazioni che così si azzererebbero dopo tre anni, e dunque a 45 anni (44 per le donne) e 10 mesi. Ma, al fine di compensare il maggiore costo dell’alleggerimento della misura e per assicurare i saldi di bilancio, la legge di bilancio dispone anche l’ampliamento delle “finestre mobili” per le uscite anticipate a partire dal 2025 posto che fino a tutto il 2024 resteranno di tre mesi, e secondo la seguente progressione: quattro mesi nel 2025, cinque mesi nel 2026, sette mesi nel 2027 e nove mesi nel 2028, il che ha portato qualche commentatore a connotare negativamente l’operazione come “quota 46”.
RISCATTI
Le stesse nuove aliquote di cui all’allegato II della legge di bilancio si dovranno applicare anche per calcolare l’onere delle domande di riscatto prodotte dal 1.1.2024, riscatto che pertanto diventerà decisamente più oneroso: quattro anni di università potrebbero costare quasi 66mila € invece di 19mila.
PEREQUAZIONE
Come si ricorderà, la legge di bilancio 2023 ha introdotto una minore copertura rispetto all’indice ISTAT a partire dagli assegni pensionistici da quattro a cinque volte il trattamento minimo, fino ad una penalizzazione max del 32% per le pensioni sopra le dieci volte il trattamento minimo.
Avevamo chiesto di cancellare questa disposizione, ma la legge di bilancio ha confermato invece questa minore copertura per il 2024 per fare cassa: indicizzazione piena solo fino a quattro volte il minimo; fra quattro e cinque volte il minimo, all’85%; fra cinque e sei volte il minimo, al 53 %; fra sei e otto volte il minimo, al 47%; fra otto e dieci volte il minimo, al 37%; sopra le dieci volte il minimo, la percentuale scende invece al 22%, e sta proprio qui la novità peggiorativa rispetto al 2023.
Come si sa, nei cedolini di gennaio hanno già trovato applicazione le nuove percentuali di adeguamento all’inflazione pari al + 5,4% delle pensioni sulla base della variazione percentuale che si è verificata negli indici dei prezzi al consumo forniti dall’Istat il 7/11/23, giusto Decreto MEF del 27.11.2023 (ne abbiamo dato notizia nel ns. precedente Notiziario n. 23 del 29.11.2023, recante anche le tabelle con gli importi massimi lordi mensili per le diverse fasce di reddito).
RIFORMA DELL’IRPEF
Gli stessi cedolini di gennaio dovevano recare anche gli aumenti, seppur modesti, legati alla unificazione dei primi due scaglioni IRPEF per come previsto dal comma 1 dell’art. 1 dello schema di Decreto Legislativo – attuativo della Legge delega 9.08.2023, n. 111 – avente per oggetto la riforma dell’IRPEF, e di cui abbiamo riferito nel Notiziario n. 24 del 13.12.2024.
Ma il ritardo con il quale è stato adottato dal Consiglio dei Ministri il decreto legislativo attuativo (D.Lgs. 30.12. 2023, n. 216 avente per oggetto “Attuazione del primo modulo di riforma delle imposte sul reddito delle persone fisiche e altre misure in tema di imposte sui redditi”, pubblicato in pari data in G.U.), ha impedito la corresponsione degli aumenti ai pensionati aventi titolo, che pertanto dovrebbero vedere la luce nei cedolini di febbraio 2024, salvo eventuali ulteriori ritardi operativi da parte dell’INPS.
ALTRI ADEGUAMENTI
· La legge di bilancio 2024 modifica l’art. 17 del DL 4/2019 che aveva sospeso “fino al 31.12.2026 gli adeguamenti a per tutte le forme di pensione anticipata alle aspettative di vita”, che ordinariamente scattano ogni due anni, e ne fissa la ripresa della eventuale progressione al 31 dicembre 2024.
· A seguito dell’adeguamento relativo al conguaglio della perequazione 2023 (0,8%) e di quello relativo alla perequazione 2024 (5,4%), gli importi delle seguenti fattispecie sono così modificati dal 1.1.2024:
– pensione minima: € 598,60 (la legge non ha disposto altri aumenti, neanche per gli over 75, come era invece avvenuto nel 2023).
– assegno sociale: 534,40
SENTENZA CORTE COSTITUZIONALE SU TFS/TFR
Come si ricorderà, con sentenza n. 130 del 2023, la Corte Costituzionale si è pronunciata affermando che non è giustificabile il differimento/rateizzazione del TFS per chi “va in pensione per raggiunti limiti di età o di servizio”, invitando il legislatore a rimuovere questa condizione (vds. Notiziario n. 15 del 27.07.2023).
In questi mesi, la nostra O.S. ha richiesto a gran voce che, in assenza sinora di un provvedimento legislativo ad hoc, la legge di bilancio 2024 recasse norme applicative della sentenza, ma la nostra attesa, ma soprattutto quella di milioni di lavoratori pubblici penalizzati rispetto a quelli privati, è stata finora vana.
E’ molto grave, a nostro avviso, che, dopo le colpevoli inadempienze del passato a seguito del precedente pronunciamento della stessa Corte (sentenza n. 159/2019), si assista di nuovo oggi al tentativo di svuotare la sua portata, non dandone pronta e piena attuazione. Trattasi di un problema che il fronte sindacale dovrebbe assumere come prioritario, atteso come non è giustificabile che le norme in materia di TFS/TFR continuino ad essere molto penalizzanti per i lavoratori pubblici nei confronti di quelli privati, e questo già in corso di vita lavorativa (i privati possono ottenere fino al 70% del TFR maturato per spese mediche, acquisto prima casa e altro, possibilità negata oggi ai pubblici). Una “vergogna”, secondo il giudizio del Segretario Generale FLP Carlomagno. La nostra O.S. porterà comunque avanti con ogni sforzo questa battaglia di giustizia.
Il Coordinamento Nazionale CSE FLP Pensionati
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