Presentato il DEF 2023

Del tutto assenti le risorse per il rinnovo dei contratti

Senza un’adeguata e immediata inversione di rotta e adeguati stanziamenti, la mobilitazione  sarà inevitabile.

Approvato dal Consiglio dei Ministri il Documento di Economia e Finanza che delinea gli orizzonti macroeconomici e gli interventi strutturali che il Governo intende adottare e che saranno poi definiti in dettaglio con  la legge di bilancio per il 2024.

Al momento il testo non è ancora disponibile, ma dal comunicato stampa diramato al termine del Consiglio, e dalle anticipazioni della stampa emerge in modo chiaro come non siano previste risorse per il rinnovo dei Contratti nazionali di lavoro scaduti a dicembre 2021, e che nel 2024 dovrebbero vedere di fatto tutto lo stanziamento necessario al rinnovo, atteso che le leggi di bilancio del 2022 e del 2023 hanno stanziato solo 500 milioni ad annualità, e nel 2023 corrisposta unicamente una quota una tantum pari all’1,5% dell’inflazione .

Eppure l’andamento dell’inflazione, pur a nostro avviso sottostimata nel DEF rispetto al reale aumento del costo della vita ( per il 2024 viene previsto un tasso di inflazione assolutamente irrealistico del 2,8%), viene comunque riportata nel documento per il triennio di riferimento  pari al 17,4% rispetto al 4,07% che era stato l’indice IPCA alla base del rinnovo contrattuale 2019/2021.

Un indicatore che dimostra con chiarezza la secca perdita del potere di acquisto dei lavoratori pubblici che tra l‘altro si aggiunge alla decrescita salariale dell’ultimo decennio caratterizzato dal reiterato blocco contrattuale e dai consistenti tagli subiti negli anni dai Fondi risorse decentrate delle singole Amministrazioni per effetto dell’applicazione della norma capestro sul divieto del superamento dei tetti del 2016.

E ovviamente non ci rassicura la previsione, assolutamente generica e diremmo di maniera, che sarebbe contenuta nel DEF rispetto alla possibilità che in sede di stesura della legge di bilancio, saranno previste specifiche risorse, la cui entità è tutta da quantificare, con la copertura derivante dal taglio della spesa corrente e della spesa pubblica.

Che, ove attuata, non è per niente detto che andrà nella direzione di eliminare gli sprechi e i doppi costi dovuti alle esternalizzazioni, ma potrebbe significare, come è avvenuto in questi anni, nuovi e inaccettabili tagli ai servizi essenziali, alla sanità, al trasporto pubblico, agli organici delle Amministrazioni, e anche alla  stessa consistenza dei fondi del salario aziendale.

Condizioni queste ultime che impedirebbero anche il decollo del nuovo ordinamento professionale definito con il CCNL 2019/2021 e ancora del tutto inattuato in considerazione delle risorse che servono sia per l’attribuzione dei differenziali stipendiali che per l’attivazione dell’Area delle Elevate professionalità che, come è noto, per diventare esigibile necessita dell’individuazione di specifiche posizioni ora non previste negli organici, che vanno finanziate e che non possono essere a costo zero, dal momento che non è ipotizzabile un taglio dei posti, già nella stragrande maggioranza dei casi insufficienti, nelle aree dei funzionari e degli assistenti.

Non sono inoltre previste risorse per la riforma delle pensioni,  sia con riferimento alla flessibilità in uscita che alla rivalutazione degli assegni, a fronte dell’inflazione galoppante  e l’unica misura al momento definita sarebbe quella di un nuovo finanziamento, pari a 3 miliardi, per il taglio del cuneo fiscale per i redditi da lavoro dipendente fino a 35.000 euro, la cui portata però sulla buste paga è molto limitata ( circa 30 euro mensili).

L’orizzonte delineato quindi ci lascia molto preoccupati e disegna uno scenario fatto di ulteriori sacrifici per i lavoratori dipendenti ed i pensionati e di scarse tutele per i giovani, i precari e  gli inoccupati,  i cui redditi in questi anni sono stai messi dura prova dal micidiale mix di recessione e inflazione.

Siamo consapevoli che il quadro macroeconomico è complesso e i vincoli di bilancio non lasciano  troppi margini di manovra. Ma allo stesso tempo è evidente che a pagare non debbono essere sempre e solo gli stessi, e che le risorse disponibili, e soprattutto quelle rinvenibili da una seria lotta all’evasione fiscale e contributiva, e agli sprechi della cattiva politica e della poco oculata amministrazione, possono e debbono essere orientati a garantire una maggiore equità e un adeguato sostegno ai redditi più bassi, condizione questa necessaria anche per rilanciare i consumi e la nostra economia.

Ci batteremo perché queste idee e proposte siano ascoltate e possano incidere nella stesura definitiva dei provvedimenti legati alla manovra finanziaria, e continueremo a farlo senza pregiudizi, ma con fermezza, consapevoli  che in mancanza di segnali concreti che vadano nella direzione da noi auspicata, valuteremo tutte le iniziative necessarie  per rimuovere gli ostacoli ad oggi frapposti.

                                                                                               La  Segreteria Generale FLP

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